Rassegna Stampa
- “La musica di tanto in tanto possiede la stessa oscurità che conosciamo dagli Univers Zero.” -Dolf Mulder, “Recensione dell’album Iconophobic“, Vital Weekly, #767, Jan 2011
- “È lontano dai pezzi d’avanguardia di qualsiasi universo musicale” -Olav Martin Bjørnsen, “Recensione dell’album Iconophobic“, Progressor.net, Feb 2011
- “È necessario procedere con cautela se state entrando nel mondo Iconophobic di Salim. Siete stati avvisati.”-John O’Boyle, “Recensione dell’album Iconophobic”, Recensione dell’album Iconophobic, DPRP, Volume 67, 2010[20]
- “Iconophobic è un’accesa affermazione da parte di Salim sulla vita nella sua città natale di Teheran.” -Steven Reid, “Iconophobic Album Review“, Sea of Tranquility, September 28th 2010
- “In assenza di informazioni donateci liberamente, il cuore viscerale del creatore vi cambierà con immensa e casuale fortuna.” -Christy Claxton, “Iconophobic Album Review“, Stave Magazine, Aug 2010
- “Le grintose chitarre ed i vorticosi violini creano contrasti mozzafiato, avendo cura di aggiungere all’inaspettato segmento dissonante o aritmico, senza mai diventare prevedibile…” -Windhawk, “Progarchives.com’s review on Ustuqus-al-Uss album“, ProgArchives, May 23, 2009
- “…anche Hendrix e Santana ovviamente hanno istruito quel fenomenale genio della chitarra che Salim rappresenta veramente.” -Richard Poulin, “Recensione dell’album Abrahadabra“, Gnosis2000, Mei 2008
- “Dopo un ascolto attento non sono stato davvero in grado di trovare alcun particolare artista che li abbia influenzati più di altri, o addirittura individuare affatto qualsivoglia eventuali influenze specifiche.”-↑ Olav M Bjornson, “Recensione dell’album Abrahadabra“, Progressor.net
“Iconophobic transmits sound pictures of anguish, loss and strength in perpetual balance between the Middle East and the West” “Quelli di Iconophobic sono dei quadri sonori che trasmettono di volta in volta angoscia, smarrimento e forza in perenne bilico tra Medio Oriente e occidente” Iconophobic Review, Wonderous Stories #19, Lorenzo Barbagli, Aug 2011 (Read more)
“Salim Ghazi Saeedi incarna splendidamente la vera essenza del progressive.” “Salim Ghazi Saeedi beautifully embodies the true essence of progressive.” –Human Encounter Review, Arlequins webzine, Francesco Inglima, Feb 2012 (Read more)
“Salim wants to paint frescoes with his music and does so using a few colors, but with traits of strong, decisive, able to charge its emphasis on music and drama” “Salim vuole dipingere affreschi con la sua musica e lo fa utilizzando pochi colori, ma con tratti forti e decisi, riuscendo a caricare la sua musica di enfasi e di drammaticità.” –Human Encounter Review, Arlequins webzine, Francesco Inglima, Feb 2012 (Read more)
“… if I had listened [to Iconophobic] without knowing the author, I probably would have said a nice new album by Clint Mansell!” “se l’avessi ascoltato senza sapere l’autore, probabilmente avrei detto: carino il nuovo disco di Clint Mansell!” -Iconophobic Review, Emanuele Brizzante, Good Times Bad Times Blog, Jan 2010 (Read more)
“We can appreciate the writing skills of Salim and his great imagination to create images and sound to merge styles that are located far apart midway between East and West.” “… possiamo comunque apprezzare le doti di scrittura di Salim e la sua grande fantasia nel creare immagini sonore e nel fondere stili distanti che si collocano a metà strada fra oriente ed occidente.” –Iconophobic Review, Arlequins webzine, Jessica Attene, Oct 2010 (Read more)
“I hope that the music of Salim will one day fly high in a professional version, with maybe some international cooperation.” “mi auguro che la musica di Salim possa un giorno volare alta, in una versione professionale, grazie magari a qualche collaborazione internazionale.” –Iconophobic Review, Arlequins webzine, Jessica Attene, Oct 2010 (Read more)
“[Iconophobic] characterized by profound lines typical of Fripp.” “[Iconophobic] dalle profonde linee frippiane.” –Iconophobic Review, Lo Scrittore Progressivo, Riccardo Storti, Aug 2011 (Read more)
“beating many [western productions] on the inventiveness and imagination.” “batte molte di [produzioni occidentali] sul piano dell’inventiva e della fantasia.” –Iconophobic Review, Rock Impressions, Giancarlo Bolther, Sep 2011 (Read more)
“unique rhythmic episodes of acid-jazz crossover oriental & “spiced psychedelic blues.” “ritmiche con singolari episodi di un acid-jazz crossover orientaleggiante o di speziata psichedelia blues.” –Ustuqus-al-Uss Review, Lo Scrittore Progressivo, Riccardo Storti, Aug 2011 (Read more)
“Listening to this album is a bit ‘like watching the world through different eyes, in awe, admiration and love of life.” “Ascoltare questo album è un po’ come guardare il mondo con occhi diversi, pieni di stupore, ammirazione e voglia di vivere.” –Ustuqus-al-Uss Review, Arlequins webzine, Jessica Attene, Oct 2011 (Read more)
“It would be natural for him to do a belly dancer dancing to the sound of a distorted Stratocaster.” “per lui sarebbe naturale fare ballare una danzatrice del ventre al suono di una Stratocaster distorta.” –Sovereign Review, Lo Scrittore Progressivo, Riccardo Storti, Aug 2011 (Read more)
“The rock base… contaminated by intriguing arabesques” “Il rock di base… viene contaminato da intriganti arabeschi” –Sovereign Review, Arlequins webzine, Jessica Attene, Oct 2011 (Read more)
“Personal choice of a way of expression.” “Scelta di una via espressiva personale.” –Abrahadabra Review, Lo Scrittore Progressivo, Riccardo Storti, Aug 2011 (Read more)
A Retrospective, Lo Scrittore Progressivo, Riccardo Storti, Aug 2011
© Riccardo Storti http://scrittoreprog.blogspot.com/2011/08/se-il-progressive-arriva-dalliran-il.html
Ricevo dall’Iran la discografia completa di un artista emergente, Salim Ghazi Saeedi, e comincio ad interessarmi a lui. La sua è una storia di altri tempi, legata a componenti socio-esistenziali lontane rispetto a quelle di chi vive – prima di tutto – in un Paese libero. In Iran, anzi, nella Repubblica Islamica dell’Iran non è così. Salim nasce nel 1981, due anni dopo la rivoluzione islamica e in piena guerra. È il tragico periodo in cui molti giovani iraniani sono costretti partire per il fronte in un terribile conflitto contro i vicini iracheni. Il bimbo cresce e affronta l’adolescenza in una nazione che permette solo divagazioni ben allineate con i diktat teocratici di Stato. Musica compresa. Sottobanco arrivano tra le mani di un Salim ragazzino un paio di nastri con canzoni occidentali. Li divora. Solo molto più tardi apprenderà che quelle song erano hit dei Queen e di Michael Jackson. Nel frattempo Selim cresce, si interessa all’Informatica ed intorno ai 17 anni sta per entrare in università – in gamba, il ragazzo! – quando giunge la prima vera e propria folgorazione musicale, quella che ti cambia la vita. Kurt Cobain e i Nirvana. Da lì il primo passo verso l’acquisto di uno strumento musicale. Anzi “lo” strumento musicale: la chitarra. Selim è il primo della sua famiglia a manifestare un desiderio “pratico” verso le sette note. Inizia tardi, ma impara anche presto. Per di più come autodidatta. Ascolta tutti e di tutto: dai Nine Inch Nails a Jeff Beck, dai Prodigy a Chet Atkins, dai Megadeth a Chopin. Una spugna affamata. Nel 2001 è fondatore di una band, gli Arashk, ed è sotto questa sigla che si muovono le sue prima 3 uscite discografiche: Abrahadabra (2006), Sovereign (2007) e Ustuqus-al-Uss (2008). Il primo album solista, invece, è assai recente, Iconophobic (2010). Grande soddisfazione critica lo scorso novembre, quando Philippe Gnana di “Harmonie Magazine” paragona il suo stile chitarristico a quello di Robert Fripp. Ora immagino che sarete curiosi, no? Bene, partiamo con una retrospettiva di tutti i suoi album. Domenai vi parlerò del primo lavoro di Salim con gli Arashk, Abrahadabra.
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[ITALIAN] Guide sul Web: Rock Progressive interview by Gaetano Menna, Jan 2012 (In Italian)
part #1: http://www.guidesulweb.it/rock-progressive/2012/01/15/salim-ghazi-saeedi-intervista-alla-voce-libera-di-teheran/ part #2: http://www.guidesulweb.it/rock-progressive/2012/01/15/salim-ghazi-saeedi-intervista-alla-voce-libera-di-teheran-seconda-part/ L’estate scorsa avevo letto con interesse l’approfondimento di Riccardo Storti (coordinatore del Centro Studi sul Progressive italiano) sul suo blog “Scrittore Progressivo” della discografia del musicista iraniano Salim Ghazi Saeedi fino all’album “Iconophobic”. Mi aveva profondamente colpito il fatto che un’artista a Teheran, suonasse il prog, comunicasse su Internet e vendesse la sua musica online. Certo quella di Salim è una voce isolata, ma è bello scoprire che non tutto è come appare. Per una volta si parla dell’Iran non per la bomba atomica, per gli ayatollah, per le minacce belliche ma per la musica, la stessa che gira sul nostro stereo… Recentemente è uscito il nuovo disco di Salim Ghazi Saeedi, “Human Encounter” (2011), allora ho voluto approfondire. Via web sono entrato in contatto con il polistrumentista, ho quindi ascoltato il suo nuovo disco, un concept diviso in due parti, il lato oscuro e il lato chiaro della Terra. Il mondo ha due facce? Ed una delle due è giusto che sia oscurata? Queste le domande che mi sono fatto ascoltando un suono senza barriere che mescola avant-garde, Thelonious Monk, Nirvana e musica persiana… “Human Encounter” è un disco davvero interessante, maturo che ci riempie il cuore di speranze. Ed è sintomatico il nome del suo sito SalimWorld: Salim e la sua musica si aprono al mondo… A Salim Ghazi Saeedi abbiamo chiesto di rispondere ad alcune nostre domande. Questa è l’intervista alla voce libera di Teheran. E’ inevitabile la domanda sull’Iran oggi. Abbiamo un’idea che sia un Paese conservatore, chiuso alle novità, in contrapposizione all’occidente. Tu sei il volto di una Teheran nuova e stupefacente, che ascolta e produce una musica differente, che usa Internet per valorizzarla, che comunica in inglese, che sa avere una dimensione internazionale. C’è davvero un’altra Iran? E’ possibile davvero esprimersi pienamente liberi? Sono cresciuto in Oriente, ma dalla prima infanzia ho iniziato ad ascoltare musica occidentale, ad imparare l’inglese e sono stato un fanatico della tecnologia. Quindi penso che sia naturale che i miei lavori artistici siano orientati prevalentemente verso l’Occidente, naturalmente mantenendo – come alcuni critici li chiamano – riflessi persiani. La comunicazione globale rende più facile alle culture di evolversi in modi nuovi e credo che sarete d’accordo che il rock progressivo è molto adatto ad essere un trasportatore di tali evoluzioni, in quanto permette di oltrepassare i confini artistici ed incoraggia gli ascoltatori a pensare in modo creativo. Come dici tu, l’Iran è un paese conservatore e non ci si può aspettare l’apertura mentale in un ambiente del genere. Per quanto ho capito, gli iraniani sono “affascinati dal passato”, sono persone che in generale non abbracciano moderne correnti artistiche facilmente… Quindi penso che anche se la scena musicale in Iran fosse stata più aperta alla musica occidentale, né i critici interni né gli ascoltatori sarebbero stati pronti per la comprensione e l’analisi; il confronto con i lavori creativi non è radicato nella loro cultura e considerato semplicemente come qualcosa di nuovo. Nel frattempo i nuovi media consentono alle persone di sporgere la testa fuori del loro tempo-luogo continuo e penso che è compito dell’artista di trascendere il tempo, il luogo e la gente. Naturalmente questa operazione non è facilmente attuabile per tutti i tipi di creazioni artistiche, ma la musica è un mezzo facilmente trasferibile; la musica strumentale, è un linguaggio astratto e universale che mi ha aiutato a superare i limiti territoriali. Tu hai cominciato con una band Arashk con cui hai inciso tre album, hai quindi proseguito come solista con due dischi in cui sei polistrumentista. C’è poi un progetto musicale in duo con Negar Bouban. Ci parli brevemente delle tue attività e collaborazioni musicali? Nei miei lavori da solista, Human Encounter (2011), Iconophobic (2010) ho preferito lavorare da solo, perché i generi musicali di questi album – cioè avant-garde, jazz-rock e prog-rock – hanno scarso seguito tra i musicisti in Iran e ben pochi di loro sono artisti professionisti. Così ho pensato che lavorare da solo sarebbe strato più efficace. Mi sono occupato da solo di composizioni, performance, strumenti, registrazione e mixaggio dell’ album. Ho realizzato tre album con la band degli Arashk, cioè. Ustuqus-al-Uss (2008), Sovereign (2007) e Abrahadabra (2006); erano per lo più puntati ad una strumentazione standard rock (tranne Ustuqus-al-Uss). Ma il progetto Arashk è stato bloccato dopo le sessioni di prova del 2008 dato che le opportunità di concerti in Iran erano molto limitate. La band Arashk ha anche un quarto album, Yell (2008) che è stato composto dagli altri suoi membri; io ho contribuito alla chitarra ritmica e l’ho registrato e mixato. Ho anche co-composto e registrato un singolo con Negar Bouban all’oud pubblicato il 1° gennaio2011. C’è una caratteristica particolare nella musica tradizionale persiana che mi piace molto, che è la grande enfasi dello strumento solista. Credo che esistano grandi potenzialità per la chitarra elettrica se suonata nello stesso modo e penso di sperimentarlo in futuro. Il tuo nuovo album, Human Encounter, è un concept album diviso in due parti, il lato oscuro e il lato chiaro della Terra. Pensi che il mondo abbia due facce? Non vedo il mondo in bianco e nero. Ma in termini di musicalità preferisco gli estremi… Mi piace mescolare generi e sensazioni nei miei lavori; è così che mi piace realizzare il messaggio musicale di me stesso: che sia forte e vada dritto al cuore … Senza dubbio, all’estero, colpisce la tua proposta musicale. I tuoi riferimenti musicali sono molto vari, dal jazz di Thelonoius Monk al rock dei Nirvana, a cui hai dedicato due brani del tuo nuovo disco… ma ci sono anche gli umori della musica del tuo Paese… una miscela di grandi suggestioni. E’ mia abitudine ascoltare musica molto varia e abbracciare quasi tutti i generi musicali. Cerco i sapori relativi ai miei sentimenti, alle emozioni interiori e ho scoperto che sono indipendente dalle etichette. Musicisti come Cobain e Monk mi hanno strappato il cuore a pezzi in modi diversi. Uno con la rabbia e l’iconoclastia e l’altro con la maestria delle sottili innovazioni armoniche. E ‘interessante notare che non ho mai decisamente scelto di comporre in avant-garde, jazz o prog rock e che non mancano influenze della musica persiana nel mio lavoro, come si può ascoltare nel brano “Music is Bloody! A True Story”; non sono mai stato un serio ascoltatore di musica persiana o tradizionale. Ho lasciato la mia mente libera preda del proprio inconscio collettivo musicale e poi ho scoperto di essere paragonato a band egeneri che non avevo mai ascoltato prima come Rio e surf rock. Penso che interessanti accostamenti possano accadere involontariamente! Human Encounter, è un disco maturo che dimostra che come artista sei cresciuto. Al suo interno le dediche ad artisti che ti hanno segnato. Tra cui una sorprendente per l’attore Jeremy Brett ci puoi spiegare il tuo percorso? Adoro gli esseri umani che si esprimono al loro massimo rendimento. Guardando il perfezionista Jeremy Brett nella recitazione mi ricorda come siano senza limiti le possibilità di auto-espressione. Nel mio percorso artistico sono come il narratore della storia scritta nel booklet di Human Encounter. Incontro bellezze e brutture e rifletto sul mondo; uno sguardo non estatico su bellezza o bruttezza spaventosa, cerco di distillare l’essenza di ogni esperienza di vita… poi mi siedo in mezzo a esse ad orchestrare la loro animazione! “City Bombardment” è dedicato alla guerra tra Iran e Iraq del 1980. Tu sei nato sotto le bombe… Puoi raccontarci le emozioni di questa canzone? Quando avevo sei anni, ci siamo trasferiti fuori Teheran, perché la guerra si stava intensificando. Così i miei ricordi di guerra, sono datati prima dei sei anni e curiosamente non ho memoria “cosciente” e paura della guerra. Ho solo un ricordo ricorrente di una scena (forse quando avevo quattro anni) in cui stavo guardando i cartoni animati in televisione, i suoni delle sirene ed i cartoon stoppati, dal messaggio “andare al rifugio antiaereo”… Ricordo che ero rammaricato per non poter guardare i cartoni animati. Penso che questo ricordo specifico ha avuto un impatto importante sul mio stato d’animo durante la composizione di “City Bombardament”. Quando si vive in una città e si vedono le bombe distruggere le case dei vicini, si avverte una minaccia alla “vita” nel suo significato più generale del termine. E credo che quando avevo quattro anni, i cartoon erano la mia vita. I tuoi dischi sono in vendita, in distribuzione? Come possono fare i lettori a entrarne in possesso? Tutte le mie composizioni sono in vendita sia come CD fisico che in formato digitale al mio sito web, www.salimworld.com I CD fisici sono distribuiti da CDBaby ed i download sono disponibili su iTunes, Amazon e altri.